Tizio cade, si fa male, viene portato al Pronto Soccorso dell’ospedale, riceve cure e visite ordinarie e specialistiche. Uno specialista scrive “visita ambulatoriale di controllo fra sette giorni”, un medico generico scrive l’impegnativa.
Tizio pensa che basterà tornare fra sette giorni e gli diranno cosa fare. Invece si deve prenotare la visita. CUP (Centro Unico Prenotazioni) non è unico e dice di prenotare all’ospedale, all’ospedale non sanno ma si informano e poi comunicano giorno e ora. Non dicono dove ma in internet Tizio lo trova.
Quel giorno, mezz’ora prima dell’ora fissata Tizio è nella zona ambulatori dell’ospedale. Nella sala antistante quella di accettazione e attesa ci sono sedie, una macchina “salva code” e una “paga ticket”.
Vicino alle macchine è impossibile poggiare qualcosa, Tizio posa i suoi documenti su una sedia.
Crede di sapere cosa fare: va alla macchina “taglia code”, tocca dove deve e riceve il numero per accedere all’accettazione. Forse, pensa, facendo leggere alla macchina il codice a barre dell’impegnativa può avere direttamente il numero per l’ambulatorio: la macchina legge il codice e risponde “prendere ticket accettazione”.
Tizio lo ha già, riprende le sue cose, entra nella sala accettazione, si siede davanti allo schermo informativo e, come prescritto, aspetta che esca il suo numero.
Passa il tempo e lui aspetta pazientemente. Poi sullo schermo compare il numero dopo il suo e quello dopo ancora. È capitato altre volte con i numeri degli ambulatori, ma non ricorda con quelli dell’accettazione. Le persone “chiamate” vanno agli sportelli e a lui non resta che attendere.
Ma il suo numero non appare. Quando finalmente c’è uno sportello libero va, mostra il numero e chiede spiegazioni. “Il numero è già uscito” gli dicono: evidentemente non solo è uscito sullo schermo ma anche dallo schermo, nel minuto impiegato per arrivarvi davanti. Lui non l’ha mai visto, eppure ha guardato subito e bene.
Ad ogni modo ora è a uno sportello, l’impiegata prende le sue carte, traffica col computer, gli dà un foglio con codice a barre dicendo di usare quello con gli automi dell’altra sala per pagare “il ticket” e poi per ritirare “il ticket” per gli ambulatori. Tizio va alla macchina “paga ticket” aspetta il suo turno, tenta di effettuare il pagamento e non ci riesce. Prima le istruzioni sono in grande su grande schermo, poi piccole su piccolo display e senza occhiali non le vede. Operazione non riuscita. Meglio lasciare il posto a chi ne sa più di lui, aspettare che faccia quello che deve e poi gli spieghi cosa deve fare. Questo fa, riesce nell’intento e finalmente la macchina dà a lui la ricevuta del pagamento e all’automa “salva code” il permesso di stampare “il ticket” per l’ambulatorio.
Tizio va all’altra macchina, le mostra il codice a barre, riceve il numero, si siede davanti allo schermo e aspetta che appaia. E dopo un po’ appare: numero del tagliando e numero dell’ambulatorio dove recarsi. Immediatamente Tizio si alza e va.
L’ambulatorio non è fra quelli indicati in Internet, ma dopo un po’ lo trova. La porta è chiusa, bussa, chiede. C’è già un altro paziente, dovrà pazientemente aspettare. Ha saputo il numero dell’ambulatorio solo quando è apparso sullo schermo in sala accettazione, per andare da lì all’ambulatorio ci vuole del tempo e lui è anziano e lento. Ma chi sa dove andare può attendere davanti alla porta, vedere il suo numero sullo schermo, magari essere chiamato per cognome ed entrare subito dove deve. Ma bisogna sapere dove andare e Tizio non lo sapeva, nessuno glielo aveva detto e i numeri in Internet non erano giusti. Saranno così passati due minuti da quando lo ha saputo a quando vi è arrivato, tempo sufficiente perché il suo numero sparisse dagli schermi e lui trovasse la porta chiusa. Forse qualcosa non va.
Forse non si dovrebbe dire ticket per biglietto, tagliando, tassa, cedolino, scontrino, numero, abbinamento, ecc. , non considerare che è impossibile trafficare con gli automi in una sala e vedere lo schermo informativo in un’altra, dire di attendere il numero sugli schermi in sala accettazione e non dire dove andare per guardare uno schermo più prossimo all’ambulatorio, dare per scontato che tutti sappiano cos’è meglio fare. Capita di pensare che quello che per noi è ovvio lo sia per tutti, ma così non è.
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